
Il liberarsi deciso o flebile di un canto, l’esplicitarsi inequivocabile di un gesto strumentale ben determinato o ancora – e più semplicemente – il prender parola in un contesto pubblico o privato, sono solo alcuni esempi di azioni sonore deliberate, che non mancano di chiamare in causa aspetti tipicamente decisionali.
Mi piace tuttavia pensare che tali azioni, al contempo lineari e complesse, siano altresì dotate di specifiche e inconfondibili spinte interne – di natura quasi “vettoriale “- tendenti a muoversi verso un’ATTIVAZIONE DELL’ IMPREVEDIBILE.
Guardare alle produzioni e/o azioni sonore come a vere e proprie forme di mobilitazione dell’ imprevedibile significherà, d’ altra parte, cogliere i risvolti di libertà ( spesso cogenti ) insiti nei suoni e il loro essere sostanziali esempi di aperture sul mondo.
A partire da tali assunti di base non sarà fuori luogo utilizzare il termine “lealtà” proprio in riferimento alla costruzione di atti sonori, invitando a cogliere elementi di poeticità o quantomeno di rilevanza nelle tipologie specifiche di investimento (e coinvolgimento della persona) che ad essi si collegano.
Non potrà di certo sfuggire, al cospetto di qualsivoglia vicenda o traiettoria sonora, la preziosità e il dischiudersi di una temporalità singolare, nella quale esternazione e intimità possano risultare a tratti – o continuativamente – unificate.
Ed è affascinante osservare come nei meandri del suono e dunque nella sfera dell’udibile riescano non solo a muoversi, ma a coesistere, procedimenti, pratiche e risultati anche divergenti: spazi espressivi ricchi di chiarezza o ambiguità, movimenti di espansione o dileguamento, slanci di variabilità o persistenza, passi di continuità o scardinamento.
Il tutto in fondo servirà a “fomentare” costruttivamente i nostri stati di presenza, sia che ci si ponga nella condizione d’ ascolto sia che ci si immetta -in forma di partecipazione attiva- nella conclamata magia del fatto sonoro.
Nelle aree accese della ricerca, così come nell’ adesione a codici stratificati, l’atto espressivo avrà pur sempre i connotati e le fattezze di un moto fermentativo, ricollegabile dunque al vivente. In tal senso esso potrà essere considerato un campo fertile di mutevolezza.
Anna Laura Longo
Scritto molto interessante che pone riflessioni dinamiche e sempre più trasversali!
Grazie per la condivisione!
Grazie per aver letto e per aver commentato!